Sono contratti spesso mal consigliati e ancor più spesso redatti su moduli totalmente generici, così generici da risultare inefficaci al primo controllo degli ispettori del lavoro o della polizia giudiziaria.
Spesso gli imprenditori desiderosi di esternalizzazioni al risparmio, vengono indotti a preferire i prezzi prospettati da società che non risultano regolarmente abilitate alla somministrazione di prestazioni lavorative.
In questo modo incappano nella commissione di un reato, che risulta molto pericoloso per almeno due ragioni. La prima è che si tratta di un reato contravvenzionale con una pena pecuniaria estremamente alta: cinquanta euro al giorno per ogni lavoratore impiegato. Poiché molto spesso l’illecito viene accertato dopo qualche anno di vigenza del contratto e per più lavoratori contemporaneamente, basta fare i conti per capire il rischio economico. La seconda attiene al fatto che, trattandosi di reato punito con la sola ammenda, non è previsto il grado di appello e, con soli due gradi di giudizio, la prescrizione diventa molto spesso un miraggio.
A questo si aggiunga che, come confermato dalla recente Cassazione (sezione terza, n. 32697/2015, depositata il 27 luglio), i giudici si basano molto su quanto riferito dagli accertatori, utilizzando motivazioni francamente insoddisfacenti e stereotipate, le quali richiamano in modo astratto due concetti.
Il primo si bada sul mancato esercizio, da parte del datore di lavoro formale, del potere organizzativo e disciplinare, poteri che invece vengono esercitati dell’utilizzatore, a riprova del fatto che è lui la vera parte datoriale. Il secondo sulla mancanza, in capo allo pseudo appaltatore, del rischio di impresa e, più in generale, sull’assenza della caratteristiche contrattuali tipiche di un vero appalto.
Per queste ragioni chiunque utilizzi di fatto lavoratori messi a disposizione da società non abilitate, operando sotto lo schema formale di un contratto di appalto, dovrebbe sottoporre ad attenta disamina il rapporto, per capire se sta commettendo un reato. Non si deve dimenticare infatti che vi sono casi in cui le esigenze dell’utilizzatore rientrano davvero nello schema dell’appalto genuino e che, in tali ipotesi, basterebbe una corretta formalizzazione del rapporto per evitare il rischio penale.
Corretta formalizzazione che consiste principalmente in un’ adeguata rappresentazione del contenuto e dello scopo del sinallagma.
Autore dell’articolo: Enrico Leo. Tutti i diritti riservati.