La Corte di Giustizia UE, sollecitata dalla Corte Costituzionale, ritorna sul tema dei termini di prescrizione delle frodi Iva e precisa meglio i limiti della propria prima pronuncia.
Tale prima sentenza aveva disposto una possibile disapplicazione della normativa italiana sulla prescrizione, in quanto troppo lassista e per questo non idonea a costituire un serio deterrente per quei gravi reati che, sottraendo gettito Iva – imposta destinata a far fronte agli obblighi di contribuzione degli stati membri – danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione.
Il quadro emergente dalla nuova e recente pronuncia (CGUE, Grande Sezione, 5 dicembre 2017, C-105/14) è il seguente:
– Il giudice nazionale deve disapplicare, nell’ambito dei procedimenti penali riguardanti reati in materia di imposta sul valore aggiunto, le disposizioni interne sulla prescrizione che ostino all’inflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave, che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea;
– Lo stesso deve fare in caso di norme che prevedano, sempre per una grave frode Iva, termini di prescrizione più brevi di quelli previsti per i casi che ledono, con riferimento ad altre imposte, gli interessi finanziari dello Stato membro interessato;
– Le dette disapplicazioni non devono però essere operate quando, così facendo, si arrivi a violare il principio di legalità dei reati e delle pene previsto dall’ordinamento italiano, a causa dell’indeterminatezza della fattispecie di reato che risulta dall’applicazione dei sopracitati criteri o dell’applicazione retroattiva dei medesimi criteri, i quali configurano un regime di punibilità più severo di quello vigente prima della loro statuizione.
I criteri dei primi due alinea sono molti elastici (soprattutto il primo) e porranno più di qualche problema ai giudici che si troveranno ad applicarli ai casi concreti.
Ragionevolmente i tribunali faranno perciò ampio riferimento alla clausola di dispensa di cui al terzo alinea disponendo:
– L’applicabilità del regime di prescrizione ordinario a tutti quei fatti commessi prima del settembre 2015, data della prima sentenza cd. Taricco;
– Altresì, l’applicabilità del regime di prescrizione ordinario a tutti quei fatti che, pur essendo stati commessi dopo il settembre 2015, appaiano però caratterizzati dalla sussunzione in una fattispecie di reato con regime prescrizionale eccessivamente indeterminato e, come tale, non prevedibile da parte del reo.
Per il futuro il problema non dovrebbe porsi con ulteriore frequenza, visto che la riforma Orlando ha notoriamente allungato i termini prescrizionali e, dunque, soprattutto per tale via, dovrebbe essere reintegrato il potere di deterrenza della comminatoria, anche in materia di frode Iva, per come inteso dalla Corte UE.
Autore dell’articolo Enrico Leo – tutti i diritti riservati – febbraio 2018
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