- Gli scoperti delle imprese nella disciplina dell’emergenza Coronavirus
Le imprese italiane stanno vivendo momenti di grave crisi, quale conseguenza della situazione economica ingenerata dal COVID-19.
Il decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 ha previsto misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese.
Si prevede che, con riferimento alle esposizioni debitorie nei confronti di banche e intermediari finanziari per aperture di credito e prestiti accordati a titolo di anticipazione su crediti, le facilitazioni fin qui in essere non possano essere revocate, neppure in parte, fino al 30 settembre 2020.
Stessa disposizione per i prestiti.
Quelli non rateali che vengono a scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020, sono prorogati, senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020, alle medesime condizioni.
Per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020.
Tali facilitazioni sono accordate a seguito di autocertificazione, ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000, in cui l’impresa attesti di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19.
Occorre prestare particolare attenzione nel sottoscrivere l’autocertificazione, sia, in generale, per le sanzioni penali che puniscono, in questa come in tutte le altre ipotesi, un’autocertificazione falsa, sia, nello specifico, perché non possono beneficiare delle predette misure di aiuto quelle imprese le cui esposizioni, alla data del 17 marzo 2020, siano classificate come posizioni deteriorate. Tali sono quelle posizioni i cui correlativi crediti erano già stati classificati, da parte delle banche, come di incerta riscossione.
2. La posizione dei fideiussori
Come tutti sanno, la responsabilità limitata, teoricamente derivante dalla partecipazione in una società di capitali, non vale per gli istituti di credito.
I soci di una srl, ad esempio, sono sempre chiamati a prestare fideiussione verso le banche che concedono facilitazioni creditizie all’impresa societaria.
Le caratteristiche di tali fideiussioni sono piuttosto note: la garanzia prestata vale per tutte le operazioni di finanziamento che l’intermediario riterrà di accordare, nei limiti, però, di un tetto massimo prestabilito.
La durata della garanzia prestata è indeterminata; il fideiussore rimane esposto fino a quando il rapporto bancario garantito non venga chiuso con l’integrale rientro dall’esposizione da parte della società, che ricopre il ruolo di debitore principale.
In caso di insolvenza della società, il fideiussore potrà sempre essere chiamato a rispondere del debito a quel momento esistente.
Le cose spesso si complicano, ove si consideri che lo spirito di unità che caratterizza la compagine dei soci all’inizio dell’impresa, può deteriorarsi con il passare del tempo.
In questo caso, un socio, in ipotesi non più in buoni rapporti con la maggioranza e, per tale motivo, estromesso dall’amministrazione, può iniziare a domandarsi se valga la pena di continuare a rischiare per una società divenuta ormai avara di coinvolgimenti e di soddisfazioni economiche.
Una simile prospettiva, per avventura già radicatasi nella mente del socio, potrebbe trovare il punto di definitivo consolidamento proprio a causa del presente momento di grave incertezza economica.
Cosa può fare, allora, il socio fideiussore che intenda mettere al sicuro, nei limiti del possibile, il proprio patrimonio, separandone le sorti da quello della società garantita?
Ecco alcune azioni di tutela.
- Inoltrare alla banca una dichiarazione di recesso dal contratto di fideiussione (dopo aver verificato, per cautela, le clausole del contratto a suo tempo sottoscritto). Ciò produrrà l’effetto di limitare l’esposizione al saldo debitorio in essere al momento in cui la banca garantita riceve la raccomandata. In altri termini, il socio rimarrà esposto, al massimo, per il saldo debitorio della società in essere al momento del recesso. Si metterà così al riparo da eventuali aumenti del saldo in parola, aumenti che, in situazione di crisi di liquidità, potrebbero facilmente intervenire.
- Proporre azione di rilievo contro la società. Il socio del nostro esempio potrebbe agire contro la società, per ottenere che questa gli procuri la liberazione dalla fideiussione. Il motivo da far valere a supporto dell’azione potrebbe essere quello previsto dal numero 5 dell’articolo 1953 del codice civile, vale a dire essere decorsi almeno cinque anni dalla sottoscrizione della fideiussione. Rispetto alla praticabilità di questa ipotesi resta un certo margine di dubbio, legato alla considerazione della natura della garanzia prestata.
- Segnalare tempestivamente alla banca garantita eventuali criticità della società finanziata – fra cui le eventuali condotte di mala gestio da parte degli amministratori – per evitare che la banca possa continuare a finanziare l’impresa, per poi dichiarasi formalmente ignara delle dette criticità. E’da ricordare in proposito che, qualora l’istituto di credito, decampando dalle regole della dovuta diligenza professionale, continui a erogare finanza ad una società non più meritevole di tali facilitazioni, infrange le regole di condotta dell’oculato banchiere, ispirate a prudente valutazione dei rischi, che non possono essere scaricati esclusivamente sul fideiussore. Ciò costituisce violazione dell’obbligo, che grava su ciascun contraente, di salvaguardare gli interessi della controparte negoziale, nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio a proprio carico.
In conclusione, soprattutto in periodi di grave rischio economico e imprenditoriale, i fideiussori devono assumere una condotta di attiva vigilanza in ordine all’andamento dell’esposizione della società garantita e, in caso di necessità, devono assumere tempestive iniziative, volte quantomeno a limitare i danni.
Autore dell’articolo Enrico Leo
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