Può accadere che la Gdf, in forza dei poteri accertativi di legge, che gli consentono, fra l’altro, di “… inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti…”, abbia inviato alla vostra società un questionario da compilare, sollecitando una risposta ad alcuni quesiti, relativi a fatture da voi ricevute e contabilizzate.
Tale questionario, per il momento, non vi pone nella posizione di “soggetto sottoposto ad accertamento fiscale” ma vi considera come un soggetto terzo che ha avuto rapporti rilevanti con il soggetto sottoposto ad accertamento.
Si tratta però, nella sostanza, di una terzietà piuttosto particolare e delicata, in quanto, dalle vostre risposte potrebbe sorgere una responsabilità, sia di carattere tributario, sia, soprattutto, di carattere personale a fini penali, rispetto alla quale le risposte medesime si porrebbero, ad un tempo, come fonte delle notizie e come strumento di prova documentale penale a vostro carico.
E’ per questa ragione che, in questo caso – come in tutti quelli in cui le risposte richieste dall’Autorità ad un soggetto siano suscettibili di porsi come fonte diretta di una sua ipotetica responsabilità penale – potrebbero scattare in favore del dichiarante alcune garanzie riconducibili al cosiddetto “diritto al silenzio, finalizzato ad evitare fenomeni di autoincriminazione”.
Grazie a ciò, l’amministratore in questione potrebbe addirittura arrivare a non fornire alcuna risposta, a patto che lo motivi con il richiamo puntuale alle dette garanzie.
La scelta di non rispondere deve, però, sempre essere oggetto di attenta e idonea valutazione, sulla base della condizione della società e degli scopi che la stessa si prefigge per il futuro, come pure della posizione dell’amministratore e del bilanciamento dei suoi interessi con quelli della società stessa.
Dal punto di vista formale e fatto salvo quanto appena detto, occorre considerare che la mancata restituzione dei questionari inviati o la loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere comporta alcune conseguenze, come l’applicazione di una sanzione amministrativa fino a duemila euro o l’inutilizzabilità in un successivo contenzioso dei documenti non esibiti.
La conseguenza più rilevante può però essere considerata la probabile apertura di un formale accertamento nei confronti del soggetto che non ha risposto, con quanto eventualmente ne possa conseguire in termini di prova induttiva.
Si pone, in ogni caso, un’esigenza di valutare attentamente le caratteristiche della singola vicenda concreta. In proposito, è bene dire che, solitamente, quanto la Gdf, a seguito di attività di accertamento nei confronti di un soggetto che risulta come formale emittente di fatture, chiede al soggetto committente e ricevente le fatture, informazioni sulle circostanze concrete che hanno originato il rapporto commerciale, essa ha già in mano importanti elementi per dubitare seriamente della veridicità di tali fatturazioni.
In questi casi, colui che rende le dichiarazioni in qualità di committente deve sapere che, probabilmente, a prescindere dal contenuto delle risposte fornite, egli verrà a sua volta sottoposto ad accertamento e, in ipotesi, i militari potranno inoltrare alla Procura competente notizia di reato ex art. 2 dlgs 74/2000.
Anche per queste ragioni si rende necessario valutare con attenzione la strategia da adottare, considerando in particolare che, ai sensi del secondo comma dell’articolo 13 del dlgs 74/2000 citato “I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”.
Inoltre, ai sensi del primo e secondo comma dell’articolo 13 bis del dlgs 74/2000 citato “1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie. 2. Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.”
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