Social Housing, gli abusi degli operatori e i rischi per gli acquirenti

Il social housing, come pure gli altri tipi di edilizia convenzionata e sovvenzionata, sono fenomeni in cui gli enti locali, Comune e Regione, intervengono stringendo un accordo con un costruttore o una cooperativa per incentivare la realizzazione di interventi di edilizia sociale.

Si tratta cioè di edilizia destinata a sopperire alle esigenze abitative primarie delle fasce di popolazione economicamente più deboli.

L’elemento incentivante sta nell’erogare somme a fondo perduto o nel fornire, in proprietà piena o superficiaria, terreni edificabili comunali a condizioni vantaggiose o, ancora, nel riconoscere all’operatore altre agevolazioni.

L’operatore che riceve queste agevolazioni, come contropartita, si deve impegnare a impiegare gli alloggi, per un certo numero di anni, con modalità che vadano incontro alle esigenze delle fasce deboli della popolazione (contratti di locazione agevolata)

Trascorso questo periodo il costruttore o la cooperativa edilizia potranno veder realizzato appieno il loro lucro imprenditoriale o il loro scopo sociale, attraverso la vendita degli alloggi o l’assegnazione degli stessi in proprietà ai soci.

Uno dei casi ricorrenti in pratica è quello del costruttore che, essendo interessato ad ottenere una concessione edilizia per la realizzazione di immobili da vendere al libero mercato, in cambio di tale concessione si impegna a costruire e mettere a disposizione del mercato delle locazioni cosiddette vincolate o calmierate, una certa aliquota degli immobili realizzati.

Qui lo scambio con l’Ente locale prevede che, a fronte del rilascio di una concessione edilizia – che altrimenti non sarebbe stata rilasciata o non sarebbe stata rilasciata a quelle più favorevoli condizioni – grazie alla quale il costruttore venderà a libero mercato alloggi privi di vincoli, lo stesso costruttore sottoscriva un atto d’obbligo con il Comune e con la Regione.

Con tale atto, dunque, il costruttore assume formalmente l’impegno di sottomettere alcuni alloggi alle regole dell’edilizia sociale.

Tali regole solitamente prevedono:

  • che gli immobili, per un numero di anni, indicato nella convenzione e nell’atto d’obbligo, vengano destinati al mercato delle locazioni calmierate, con contratti di locazione a canone sociale;
  • che tali contratti debbano essere sottoscritti con inquilini aventi determinati requisiti di reddito o soggettivi, che li collochino nelle cosiddette fasce sociali deboli;
  • che il costruttore provveda a reperire gli inquilini con criteri di adeguata pubblicità, concorsualità e trasparenza;
  • che il costruttore, durante lo svolgimento del rapporto locatizio e, in specie, alla scadenza del vincolo pluriennale di locazione, provveda a verificare la permanenza in capo agli inquilini dei requisiti soggettivi e di reddito e, su loro richiesta, gli trasferisca l’immobile in proprietà al prezzo, anch’esso vincolato e calmierato, stabilito nell’atto d’obbligo.

Ciò detto, reputiamo interessante capire cosa possa accadere qualora il nostro ipotetico operatore, assalito da un eccesso di ingordigia, non si accontenti dello scambio intercorso con l’Ente pubblico locale fin qui descritto – e nel quale, come spiegato, è già insito un vantaggio economico per la sua impresa – ma attui uno schema per aggirare le regole e realizzare un lucro maggiore e più immediato.

Nella prassi ciò accade non di rado, con pregiudizio per le politiche abitative degli Enti locali e per i fondi e le risorse che questi destinano a tale scopo di importante rilievo sociale.

Proviamo ad esemplificare quello che potremmo definire uno schema operativo classico.

Il nostro ipotetico costruttore, dopo aver ottenuto la concessione, realizzato e venduto gli immobili di libero mercato, si pone il problema di piazzare in modo lucrativo anche quelli di edilizia sociale, che, come abbiamo visto, dovrebbe invece destinare alla locazione a canone calmierato.

Costituisce per interposta persona una cooperativa edilizia a cui cede gli immobili di social housing lo stesso giorno in cui tale cooperativa edilizia li assegna con atto notarile ai soci.

Particolare non trascurabile è che questi soci assegnatari percepiscono di essere soci di una cooperativa edilizia solo al momento dell’atto notarile, perché fino a quel momento avevano sottoscritto, generalmente con un intermediario immobiliare, una classica proposta irrevocabile di acquisto, secondo i moduli standard utilizzati dalle agenzie immobiliari, moduli nei quali non si cita in alcun modo né il social housing, né tantomeno la cooperativa edilizia.  

In sostanza, i “soci” della “cooperativa” si recano dal notaio, dove, spesso senza neppure avere piena consapevolezza di ciò che stanno facendo, in un colpo solo diventano soci assegnatari, stipulano un contratto fittizio di locazione e versano l’intero corrispettivo di acquisto dell’immobile.

Generalmente questi acquirenti non si preoccupano di approfondire i profili di rischio legale dell’operazione, visto che sono attratti dal prezzo vantaggioso degli immobili.

Le violazioni della normativa di riferimento sono però notevoli e potrebbero comportare per gli acquirenti delle conseguenze spiacevoli, soprattutto ove gli stessi non approfondissero adeguatamente i singoli passaggi attraverso i quali si perfeziona l’acquisto.

Ecco una lista sommaria delle violazioni che lo schema fin qui descritto comporta.

Innanzi tutto il costruttore/cooperativa non seleziona gli inquilini (in realtà acquirenti che ricoprono il ruolo di conduttori solo per una frazione di secondo) con criteri di concorsualità e trasparenza, né verifica che abbiano i requisiti di legge.

Un inquilino autentico e in possesso dei requisiti dovrebbe poter accedere alla locazione senza anticipare alcun prezzo d’acquisto ma semplicemente partecipando a una selezione per titoli e pagando mese per mese il canone calmierato.

Il nostro costruttore, invece, seleziona gli acquirenti (inquilini fittizi) sulla base delle normali regole del mercato immobiliare.

Tali acquirenti sono indotti a sottoscrivere, sotto la loro responsabilità penale, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui dichiarano di essere aspiranti inquilini in possesso dei requisiti di legge per l’edilizia sociale.

Dichiarazione che si pone in aperto contrasto con il fatto che tali acquirenti versano in unica soluzione l’intero corrispettivo di acquisto dell’immobile, essendo peraltro indotti a dichiarare che tale corrispettivo viene versato in tutto o in parte quale anticipo, in unica soluzione, dei futuri canoni di locazione. Come se una persona economicamente debole avesse la possibilità e l’interesse di pagare in anticipo e in unica soluzione sette o otto annualità di canone!

Gli acquirenti sono indotti a sottoscrivere un contratto di locazione a canone sociale che, per quanto fin qui detto, è chiaramente fittizio.

Gli stessi sono indotti a stipulare un contratto di assegnazione “a termine iniziale”. Con tale espressione si vuole intendere quel contratto di acquisto nel quale il prezzo viene pagato subito ma si diventa proprietari solo allo scadere della durata pluriennale minima che la normativa fin qui analizzata prevede quale periodo di destinazione obbligatoria alla locazione.

Con ciò l’aggiramento della normativa di edilizia sociale è completato.

Infatti, il costruttore ha incassato subito il corrispettivo degli immobili, ha trasferito tutti i rischi agli acquirenti, anche quelli di futuri accertamenti in ordine alla violazione della normativa. Fra questi particolare attenzione rivestono quelli legati alla mancanza iniziale o al venir meno al momento dell’avveramento del termine, dei requisiti soggettivi e di reddito in capo agli acquirenti. Si tratta in sostanza di rischi che possono scaturire da possibili controlli, amministrativi o giudiziari, disposti per la verifica della destinazione dei beni immobili, costruiti con le agevolazioni pubbliche. 

Quello che è certo è che, con l’utilizzo di schemi come quello descritto, nessun appartamento verrà mai destinato a sopperire alle esigenze abitative di fasce deboli della popolazione.

Il denaro e/o le agevolazioni concessi dagli enti locali verranno quindi distolti dalle finalità per le quali sono stati erogati e ciò attraverso schemi che, in alcuni casi, ove emergesse la preordinazione di atti concatenati allo scopo, potrebbero tranquillamente condurre a una incriminazione per truffa ai danni dell’Ente pubblico, secondo quanto previsto dagli articoli 640 e 640 bis del codice penale.

Ove scattasse un’indagine penale a tale titolo si porrebbe anche il problema di inquadrare il ruolo effettivo degli acquirenti, che potremmo anche definire “inquilini per caso”: truffati o concorrenti?

autore dell’articolo Enrico Leo

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