L’atto di prenotazione di alloggio in cooperativa, com’è noto, costituisce un contratto preliminare che trova il suo presupposto legittimante nella qualità di socio di chi lo sottoscrive e integra il cosiddetto rapporto di scambio cooperativistico.
Vediamo oggi come si può far fronte a un’evenienza non tanto rara che può costituire uno spiacevole sviluppo del rapporto cooperativistico.
Il socio ha sottoscritto un atto di prenotazione, ha versato un acconto per l’acquisto del terreno o più genericamente in conto costruzione ma, trascorsi diversi anni, il progetto non decolla. La cooperativa non riesce ad ottenere il permesso di costruire, l’edificazione dell’immobile non parte, né si sa con certezza se e quando potrà avere inizio.
In questi casi il socio che, soprattutto nel caso dell’edilizia sociale, ha una pressante esigenza abitativa, pensa di poter recedere e cercare un’altra iniziativa cui aderire. Purtroppo, però, la Cooperativa rigetta la sua domanda di recesso e non dimostra alcuna volontà di restituire l’acconto ricevuto.
Spesso tale contegno è giustificato dal richiamo a una clausola che molti soci, più o meno consapevolmente, sottoscrivono quando aderiscono al programma edilizio: si tratta di un patto chiamato di “cambio socio” o “mutuo cambio” o dicitura similare.
Tale clausola prevede che il socio recedente, per potersi liberare dal vincolo ed ottenere la restituzione degli acconti, debba reperire un socio o aspirante tale che prenda il suo posto. Non è difficile capire come si tratti di una missione impossibile, visto che nessuno è disposto a entrare in un’iniziativa edilizia che langue da anni.
Non resta dunque che ricorrere al giudice e ciò sia al fine di liberarsi definitivamente dalla prenotazione, sia al fine di ottenere la restituzione di quanto pagato in acconto.
Si deve rilevare in proposito che la clausola cosiddetta di “mutuo cambio”, contenuta nell’atto di prenotazione dell’immobile altro non è se non l’espressione della vincolatività del contratto sottoscritto con la prenotazione.
Colui che prenota un alloggio in cooperativa edilizia, concludendo in sostanza un contratto preliminare di cosa da costruire, che vi sia o meno una clausola di mutuo cambio, rimane vincolato a rispettare tale contratto, fatte salve, naturalmente, le norme codicistiche e di legge che prevedono e disciplinano gli effetti e la patologia dei contratti in generale e di tali categorie di contratti in particolare.
Ciò che qui viene ad assumere importanza non è dunque la clausola del “mutuo cambio” ma le norme di legge e in particolare quelle codicistiche che prevedono e disciplinano gli effetti dei contratti per l’esecuzione delle cui prestazioni manchi la fissazione di un termine.
Nell’ipotesi che stiamo esaminando manca quasi sempre la fissazione di un termine entro il quale la Cooperativa deve realizzare l’immobile e cederlo in proprietà al socio.
Ciò nonostante, si può ritenere che l’edificazione del bene e, prima ancora, il rilascio del permesso di costruire, costituiscano delle condizioni, inespresse ma sicuramente implicite e presupposte, del contratto in parola.
Il contratto è da considerarsi, dunque, risolutivamente condizionato al mancato rilascio del permesso di costruire, entro un termine che, come vedremo, in mancanza di fissazione fra le parti, deve essere desunto dalla natura del contratto e da ogni altro elemento del caso concreto e, in ultima analisi, deve essere stabilito dal Giudice con un criterio di congruità.
Ne discende che, trascorso un congruo termine, il contratto deve ritenersi risolto e/o non più efficace, per mancato avveramento della condizione o comunque per scadenza del termine.
Sul punto la giurisprudenza esprime un indirizzo costante e consolidato con il dire che, in tema di adempimento dell’obbligazione contrattuale, la mancata previsione di un termine entro il quale la prestazione debba essere consensualmente eseguita autorizza la parte a ricorrere al giudice quando, in relazione agli usi, alla natura del rapporto negoziale ed all’ interesse delle parti, si possa ritenere decorso un congruo spazio di tempo dalla conclusione del contratto, per cui possa ritenersi in concreto superato ogni limite di normale tolleranza.
In sostanza, sarà il Giudice a valutare e dichiarare che, in relazione agli usi, alla natura del rapporto negoziale ed all’ interesse delle parti, è decorso un congruo spazio di tempo dalla conclusione del contratto, alla luce del quale possa ritenersi in concreto superato ogni limite di normale tolleranza.
La valutazione della congruità del lasso di tempo trascorso è ancor più stringente quando si tratti di un’iniziativa di edilizia sociale, in cui viene ad assumere particolare rilievo l’esigenza primaria e cogente di fasce deboli di popolazione ad accedere alla prima casa di abitazione, al fine di sopperire a urgenti e non contingibili esigenze di vita.
In questi casi il socio ha prenotato l’immobile in vista dell’esigenza di costituire una famiglia o comunque acquisire la prima casa di abitazione quale residenza famigliare.
Lo stesso, dopo aver atteso inutilmente la realizzazione di tale esigenza primaria, si vede costretto ad acquisire altro immobile di edilizia sociale, perdendo in questo modo i requisiti che gli consentivano di essere parte del primo rapporto cooperativistico.
Non è pensabile, del resto, che colui che prenoti un’abitazione di questo tipo, avendo i requisiti per accedere alle iniziative di edilizia sociale, debba poi attendere sine die la realizzazione di un programma edificatorio che a distanza di molti anni dalla prenotazione, non sia ancora neppure munito di permesso di costruire.
Accedere all’idea che l’obbligazione contratta con la prenotazione in esame possa divenire una gabbia, in grado di sequestrare l’inevitabile sviluppo della vita del socio, costringendolo per decenni a pagare un affitto a libero mercato, pur avendo egli i requisiti per accedere alle provvidenze di legge, significa andare contro la lettera e lo spirito della legge e financo contro più di una norma della Costituzione, in primis quelle che assicurano l’adempimento dei doveri di solidarietà economica e la promozione dell’accesso alla proprietà dell’abitazione principale.
Nei casi in commento appare del resto censurabile anche il contegno della Cooperativa, la quale dovrebbe astenersi dal chiedere ulteriori somme ai soci, quantomeno fino all’ottenimento del permesso di costruire, nella consapevolezza del fatto che, solo una volta iniziata l’edificazione, il patto di “mutuo cambio” potrebbe avere una sua concreta efficacia, essendo per contro impossibile reperire altro soggetto interessato, nella perdurante, assoluta, incertezza, non solo sui tempi ma perfino sul “se” dell’edificazione.
autore dell’articolo Enrico Leo
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