Capita spesso che, nel tentativo di sottrarre i propri beni a un eventuale pignoramento, si pensi di ricorrere all’intestazione degli stessi a una società fiduciaria.
L’intestazione fiduciaria, infatti, crea una schermatura dietro la quale, a certe condizioni e con certi limiti, è possibile nascondere i beni.
Fra questi certamente possono rientrare anche le partecipazioni societarie e, in specie, anche quelle in una società a responsabilità limitata, che, con riferimento al regime di intestazione e di circolazione, si distinguono dalle azioni.
La recente Cass. 24859/2024 si è occupata di questa tematica.
Le società fiduciarie sono disciplinate dalla legge 1966 del 1939 e dal regolamento attuativo di cui al decreto ministeriale 16 gennaio 1995, il quale ha previsto che l’incarico di amministrazione fiduciaria abbia la natura del mandato secondo lo schema generale delineato dal codice civile.
Il regime giuridico e gli effetti di tale particolare forma di mandato consistono nella gestione di un patrimonio amministrato in forma anonima e senza alcun reale trasferimento di proprietà.
L’anonimato può essere superato solo per la salvaguardia dei crediti fiscali o nel caso di vicende di rilievo penale.
Le caratteristiche peculiari di tale meccanismo sono state precisate dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite 13143/2022, la quale ha stabilito che il mandato fiduciario non produce effetti traslativi sul bene oggetto dell’affidamento, il quale rimane di proprietà del fiduciante. La società fiduciaria acquista unicamente un’intestazione o proprietà formale, con lo scopo di schermare la reale titolarità sostanziale. In forza di tale intestazione la società, nei limiti del mandato, esercita i diritti connessi al bene, soprattutto nella misura in cui tale esercizio sia funzionale a non dover rivelare il reale assetto proprietario.
Nel caso di quota di Srl, dalla consultazione del Registro delle Imprese risulta unicamente il nominativo della fiduciaria e tale iscrizione le consente l’esercizio dei diritti sociali.
Vediamo ora gli effetti che tale particolare regime produce quando la quota diviene oggetto di pignoramento.
Perché ciò possa accadere è peraltro indispensabile che il creditore del fiduciante sia venuto in qualche modo a conoscenza del fatto che il proprio debitore abbia intestato la partecipazione ad una specifica fiduciaria.
Raggiungere questa conoscenza sarebbe piuttosto semplice se il debitore fosse così sprovveduto da far risultare presso il Registro delle Imprese l’intestazione alla fiduciaria immediatamente dopo la sua. In questa ipotesi, infatti, l’esistenza del mandato sarebbe di immediata evidenza.
E’ da ritenere però, sempre per restare nel campo delle quote di Srl, che il nostro debitore, molto più oculatamente, non avrà trasferito alla fiduciaria una quota già da lui detenuta ma, piuttosto, per fare uno degli esempi possibili, le avrà chiesto di acquistare e detenere per suo conto una quota, comprandola da terzi estranei.
Tornando alle caratteristiche di tale procedura espropriativa, non si può prescindere dal fatto che la forma del pignoramento presso terzi, che si era soliti adottare in passato, è da ritenere ormai superata dalla più recente qualificazione giuridica della quota, come sopra richiamata.
Oggi si ritiene che la quota di partecipazione in una Srl costituisca un bene mobile immateriale che riassume in sé, incorporandoli, quell’insieme di diritti che contraddistinguono il rapporto contrattuale intercorrente fra il titolare e la società partecipata.
In quanto bene mobile, le forme da utilizzare sono quelle del pignoramento mobiliare presso il debitore, attraverso un atto che, nel caso di intestazione fiduciaria rispetto alla quale il creditore supponga di conoscere il reale proprietario, sarà notificato sia alla fiduciaria che alla società partecipata, per poi essere iscritto nel registro delle imprese, essendo stato ormai normativamente soppresso l’onere di annotare il pignoramento anche nel libro soci.
La società partecipata non dovrà rendere alcuna dichiarazione e tantomeno dovrà farlo la fiduciaria.
Il vincolo esecutivo, infatti, si considererà validamente incardinato sulla base della semplice dichiarazione del creditore esecutante, il quale dovrà limitarsi a dedurre, senza alcun onere di prova, l’esistenza di un mandato fiduciario fra il suo debitore e la società fiduciaria intestataria della quota.
Laddove il titolare effettivo della quota fosse diverso da quello supposto dal creditore pignorante, sarebbe la fiduciaria a doversi attivare, informando tempestivamente il reale proprietario, il quale, in tal caso, potrebbe avvalersi del rimedio dell’opposizione ex art. 619 cod. proc. civ., con l’onere di dimostrare, attraverso l’esibizione del mandato fiduciario, di essere il reale titolare della quota.