Quando un paziente muore e i congiunti presentano denuncia per omicidio colposo contro i sanitari, spesso la notizia viene pubblicata sulla stampa con un certo rilievo, come caso di malasanità e, qualche volta, anche con nome e cognome del medico coinvolto.
La diffusione televisiva delle intercettazioni non è priva di limiti
Le intercettazioni, è ampiamente noto, sono atti che ledono il diritto alla segretezza delle comunicazioni e alla riservatezza della vita personale.
Tale lesione, cosa altrettanto chiara, è giustificata, in casi specifici e tassativi, dal prevalente interesse pubblico alla repressione dei reati.
La diffusione del contenuto delle conversazioni intercettate diviene lecita dopo il deposito degli atti che accompagna la fine delle indagini o, anche prima, quando esse siano rese accessibili attraverso il deposito di un atto o di un provvedimento di cui le parti processuali possano prendere visione.
Diffusione lecita, dunque, ma non incondizionata.
La violazione del diritto alla segretezza del contenuto delle captazioni, resa possibile dalla prevalenza dell’interesse alla repressione dei reati, incontra, anche dopo la pubblicizzazione degli atti processuali, un limite legato alla sua originaria matrice di tutela costituzionale.
Tale limite non può essere valicato indiscriminatamente ma solo in ragione di ulteriori interessi pubblici, che siano di volta in volta ritenuti prevalenti e che siano assistiti, nella loro concreta estrinsecazione, dai caratteri della pertinenza e continenza.
Uno di questi interessi è quello al libero esercizio della cronaca giudiziaria e della critica dei provvedimenti giurisdizionali.
Quando si esercita un simile diritto di cronaca e di critica, non è escluso che si possa fare ricorso al contenuto di intercettazioni, purché ciò avvenga con modalità tali da assicurare che la diffusione delle frasi intercettate sia strettamente pertinente al provvedimento giudiziario in oggetto, che sia indispensabile per condurne la critica in modo efficace, che non sia sovrabbondante rispetto allo scopo.
A parere di chi scrive, è invece illecito quell’uso che travalichi i limiti imposti dalle predette modalità, come accade quando le intercettazioni vengono utilizzate come base per la discussione di un salotto televisivo, ai cui partecipanti il conduttore chieda di commentare le frasi pronunciate da una persona intercettata, che non sia neppure indagata, il cui contenuto abbia un rapporto di mera occasionalità con il reato e si riferisca, invece, ad aspetti personalissimi, legati alla sfera dell’introspezione e dell’emotività. In casi consimili, la violazione è aggravata dalle concrete modalità della propalazione, la quale si attui attraverso un non indispensabile ricorso all’audio originale, ed è confermata dalla conversazione intavolata dagli ospiti, la quale si concentri nella formulazione di un giudizio di ordine morale sul contegno della predetta persona non indagata.
Autore dell’articolo Enrico Leo. Tutti i diritti riservati