La Corte di Cassazione, con la sentenza 9049/2020, rimette in discussione la tormentata (e tragica) vicenda della morte di Marco Vannini.
Come è noto, l’opinione pubblica, nella stragrande maggioranza, faceva il tifo per questo esito, il quale pone una seria ipoteca sulla possibilità che il giudizio di rinvio arrivi nuovamente ad escludere l’omicidio doloso.
Potrebbe sembrare atipico che un commento strettamente giuridico, seppure di taglio divulgativo, prenda le mosse dalla considerazione del “tifo dell’opinione pubblica”.
Eppure la consapevolezza del rilievo negativo del cosiddetto processo mediatico è ormai largamente diffusa, soprattutto fra gli addetti ai lavori.
La sentenza in questione ha accolto il motivo principale dei ricorsi della Procura e delle Parti civili, che si dolevano di un’errata configurazione dell’elemento soggettivo in termini di colpa anziché in termini di dolo.
La sua motivazione si presta ad alcune considerazioni, la prima delle quali riguarda il metro di giudizio adottato della Corte.
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