Mancato pagamento delle imposte e reato di bancarotta

  La bancarotta per operazioni dolose (art. 223, 2° comma n.2 L.F., oggi art. 329, 2° comma lett. B Codice della Crisi) è notoriamente ipotesi residuale o “di chiusura” del sistema incriminatorio penal-fallimentare, in quanto contempla una fattispecie atipica e potenzialmente aperta, consistente in condotte che rilevano penalmente (a titolo di dolo) solo per la presenza di un quid pluris, qualificante e unificatore.

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Cooperativa edilizia: la tutela del socio quando passano gli anni ma l’edificazione non parte

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L’atto di prenotazione di alloggio in cooperativa, com’è noto, costituisce un contratto preliminare che trova il suo presupposto legittimante nella qualità di socio di chi lo sottoscrive e integra il cosiddetto rapporto di scambio cooperativistico.

Vediamo oggi come si può far fronte a un’evenienza non tanto rara che può costituire uno spiacevole sviluppo del rapporto cooperativistico.

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Cooperativa edilizia convenzionata e agevolata: come verificare la correttezza del rapporto e delle somme richieste al socio.

1.Lo schema economico del rapporto

Lo schema economico che regola lo svolgimento dell’attività di una cooperativa che aderisce a un programma di edilizia convenzionata e agevolata è abbastanza semplice.

In sintesi possiamo dire che la cooperativa acquisisce un terreno in diritto di superficie, in convenzione con il Comune di riferimento, e riceve un contributo a fondo perduto dalla Regione. Può quindi iniziare a costruire senza grandi esborsi iniziali. Stipula poi un mutuo che le permette di portare a termine l’edificazione.

Nel contempo raccoglie le domande degli aspiranti soci, che devono possedere i requisiti prescritti dalla legge per questo tipo di edilizia.

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Presentare telematicamente una denuncia o una querela

   Presentare una denuncia o una querela oggi è più facile grazie al provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia del 24 febbraio 2021.

   Tale atto, in esecuzione della nuova normativa resa necessaria ed urgente dall’emergenza sanitaria, ha finalmente dato avvio ad un primo modulo di processo penale telematico.

   Esso contiene le disposizioni relative al deposito con modalità telematica delle memorie, documenti, richieste e istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale, dell’ istanza di opposizione alla archiviazione indicata nell’art. 410 c.p.p., della denuncia e della querela di cui agli artt. 333 e 336 del codice di procedura penale e della relativa procura speciale, della nomina del difensore e della rinuncia o revoca del mandato.

   Per quanto riguarda in particolare la denuncia e la querela, fino ad oggi, l’avvocato del denunciante, nominato per tale scopo, doveva poi recarsi fisicamente in Procura per il deposito.

   Grazie al nuovo strumento telematico oggi diventa più semplice scegliere di sporgere denuncia o querela nello studio di un avvocato.

   Sarà sufficiente nominare per tale scopo un proprio difensore e l’atto, dopo essere stato sottoscritto dalla parte, scansionato e controfirmato digitalmente dall’avvocato, potrà essere immediatamente depositato presso la Procura della Repubblica competente, attraverso l’inoltro telematico appositamente previsto dal Portale dei Servizi Telematici, nella sezione Portale Deposito atti penali (PDP).

   Allo stesso modo ne potrà essere seguito l’iter, per evitare, come troppo spesso è accaduto, di provare la motivata sensazione che la propria denuncia continui a rimbalzare fra le quattro pareti di gomma di un qualche ufficio di Procura, il cui immaginifico rivestimento contribuisca ad attutirne non solo l’energia emotiva ma lo stesso rumore.

   Abbiamo parlato della nuova modalità di inoltro e di seguito telematico ma ciò non deve offuscare la ragione principale per la quale spesso si rivela estremamente opportuno presentare la denuncia e la querela presso un avvocato.

   Non bisogna dimenticare infatti che si tratta di un atto molto serio, che può comportare importanti conseguenze di ordine giuridico e pratico e per il quale, dunque, non si dovrebbe mai prescindere da una consulenza competente ed approfondita, sia relativamente all’opportunità della presentazione, sia in ordine alla forma, sia, ancora, in ordine alle necessarie precostituzioni probatorie.

   Quest’ultimo riferimento vuole sottolineare che una denuncia, se non è ben ponderata e ben confezionata, non rischia solo di ritorcersi contro chi l’ha presentata ma rischia poi di infrangersi contro la difficoltà di reperimento di elementi di prova a sostegno. Ciò è tanto più vero in un mondo in cui la prova digitale ha assunto un rilievo fondamentale, spesso affidato alla capacità di gestirne professionalmente l’ontologica volatilità.      

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Libri contabili dematerializzati

Tutti i libri contabili si possono tenere e conservare su supporto digitale senza obbligo di stampa.

E’ ormai giunta a compimento anche la completa dematerializzazione delle scritture contabili, vale a dire il passaggio dalla conservazione dei dati contabili stampati su carta alla conservazione di tali dati in formato esclusivamente digitale.

La norma di riferimento è l’art. 12-octies del D.L. n. 34 del 2019 (c.d. “Decreto Crescita”), il quale ha modificato il comma 4-quater dell’art. 7 del D.L. 10 giugno 1994, n. 357.

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Frodi Iva: la prescrizione del reato dopo la sentenza Taricco 2

La Corte di Giustizia UE, sollecitata dalla Corte Costituzionale, ritorna sul tema dei termini di prescrizione delle frodi Iva e precisa meglio i limiti della propria prima pronuncia.

Tale prima sentenza aveva disposto una possibile disapplicazione della normativa italiana sulla prescrizione, in quanto troppo lassista e per questo non idonea a costituire un serio deterrente per quei gravi reati che, sottraendo gettito Iva – imposta destinata a far fronte agli obblighi di contribuzione degli stati membri – danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione.

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Studi legali: anche chi non è avvocato può diventare socio

   La recente legge 124/2017 ha introdotto un cambiamento epocale nella struttura e nella stessa idea dello studio legale.
A partire dal prossimo 29 agosto, gli studi legali potranno assumere la forma della società di capitali (ad esempio una Srl), composta oltre che da avvocati anche da soci non appartenenti a tale categoria.
Costoro potranno assumere i più svariati ruoli, mentre i legali si occuperanno dell’attività tipica.
In particolare, i soci laici potranno assumere il ruolo di meri investitori (in un settore che, se gestito con criteri imprenditoriali, può concedere ancora margini piuttosto interessanti), anche se, più probabilmente, si occuperanno in modo attivo di funzioni aziendali che, pur essendo complementari, avranno un ruolo di grande importanza nel nuovo modello strategico di business legale.
Pur se la maggior parte degli avvocati si è detta contraria alla nuova forma societaria, vista l’imminente entrata in vigore sarà senz’altro importante tenere conto delle opportunità offerte da tale strumento, in virtù del quale è possibile ipotizzare uno sviluppo ed un rafforzamento di funzioni tradizionalmente trascurate dal vecchio modello di studio.
Si tratta di funzioni che nella realtà economica contemporanea non solo sono importanti ma costituiscono ormai l’unico strumento in grado di tenere il passo con il grande business della consulenza, che, in barba a disposizioni di legge più o meno cogenti, è già da qualche anno appannaggio di soggetti di chiaro stampo imprenditoriale.
Fra dette funzioni è possibile annoverare:

  • il marketing, in tutte le sue sfaccettature, non ultima quella della pubblicità su piattaforme che oggi hanno costi al di sopra delle capacità del singolo studio;
  • L’informatizzazione avanzata dello studio legale e dei suoi moduli operativi;
  • La gestione della qualità nelle varie fasi di vita del fascicolo di studio;
  • Le sinergie commerciali, come ad esempio la partnership da parte di un imprenditore che abbia interesse a valorizzare il proprio ampio e fidelizzato portafoglio clienti, al fine di introdurre accanto al proprio business tradizionale un nuovo servizio di consulenza legale, con specifico riferimento alle problematiche tipiche del settore economico nel quale già opera;
  • Le sinergie tecniche e professionali, attraverso la partnership di soggetti esperti in settori che supportano l’attività legale in alcune sue particolari direttrici, come ad esempio quello informatico, investigativo, contabile o aziendalistico, criminologico, immobiliare ed edilizio, ecc. e che abbiano interesse a curare attraverso un ente societario i profili che la propria attività offre, in termini di complementarità consulenziale, a beneficio del miglior risultato dell’azione legale;
  • L’esercizio della consulenza legale, in particolare quella on line, attraverso il coordinamento di più legali con apporto multidisciplinare e piattaforme tecnologiche avanzate.

È prevedibile inoltre che l’apporto del socio “esterno” si farà apprezzare per l’introduzione negli studi legali di una mentalità nuova, di cui potranno beneficiare quei professionisti che riterranno di cogliere questa opportunità, accettando la sfida del rinnovamento.
Mentre l’avvocato continuerà a curare gli aspetti giuridici, il partner laico utilizzerà il punto di vista tipico dell’imprenditore e l’esperienza di organizzazione aziendale per accrescere l’efficienza economica della gestione di quel particolare processo produttivo in cui si sostanzia la consulenza e l’assistenza legale.
I timori degli avvocati più tradizionalisti sono comprensibili. La nuova legge potrà andare ad erodere porzioni di clientela ma ciò avverrà, ai danni di chi rimarrà fermo sulle proprie posizioni, sulla scia di un fenomeno che – lo si ripete- già esiste ed è ben consolidato. Si tratta di quelle tecniche di accaparramento e di gestione degli incarichi, fino ad oggi attuate con strumenti subdoli contro i quali né l’avvocatura associata né il sistema giudiziario sono riusciti a fare argine.
Da domani gli imprenditori desiderosi di misurarsi sul terreno legale avranno un canale legittimo per farlo, ricorrendo a compagini societarie connotate dall’ineludibile (e maggioritaria) compartecipazione di professionisti abilitati, i quali, a loro volta, potranno beneficiare di un approccio più professionale all’attività di marketing e, dunque, in ultima analisi di un ampliamento della clientela.

Autore dell’articolo Enrico Leo – agosto 2017 tutti i diritti riservati

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Consorzio fra imprese: quando la società consortile rende prestazioni nei confronti dei terzi, la rifatturazione da parte delle consorziate non segue una regola fissa ma dipende dalla natura del rapporto interno

   Il consorzio (art. 2602 c.c.), nella sua forma più semplice, si basa su un contratto associativo con il quale più imprenditori disciplinano in modo uniforme alcune fasi produttive delle rispettive aziende (consorzi ad attività interna). Per esempio le attività volte a salvaguardare in modo omogeneo lo standard qualitativo di determinati prodotti di pregio.

   In altri casi, invece, gli imprenditori consorziati creano un nuovo soggetto – spesso una società consortile di capitali – la quale è deputata a portare avanti, in nome proprio ma nell’interesse delle imprese consorziate, una o più fasi dei rispettivi processi produttivi, come lavorazioni, trasporti, servizi tecnici, ecc.

   Si assiste quindi al fenomeno di un società consortile, partecipata da più società consorziate.

   In sostanza, si utilizza la logica del gruppo, secondo quel concetto, ben noto al capitalismo contemporaneo, di “spacchettamento” fra più soggetti formalmente autonomi di un’unica impresa, intesa in senso economico.

   I consorzi di questo tipo operano nel mercato come se fossero delle imprese autonome ma lo fanno con finalità mutualistica, in quanto il loro scopo non è la realizzazione di un utile da dividere tra i soci (consorziati), bensì quello di consentire a costoro il conseguimento di un vantaggio, sub specie di risparmio nei costi di produzione o di aumento dei ricavi generati dalle rispettive imprese.

   La finalità mutualistica della società consortile non le impedisce, però, di ricavare dal mercato i mezzi per il proprio sostentamento, secondo quella logica, propria del moderno diritto dell’economia, per la quale mutualità non vuol dire necessariamente assenza di ricavi o mancanza di economicità di gestione e di imprenditorialità dell’azione.

   I mezzi necessari per far fronte al funzionamento del consorzio, possono perciò essere reperiti in modi diversi, per esempio facendo pagare ai consorziati un corrispettivo a fronte dei servizi consortili oppure trattenendo una percentuale sulle vendite effettuate per loro conto o, ancora, fatturando direttamente ai terzi committenti, con un ricarico, le prestazioni che materialmente saranno eseguite da una o più consorziate.

   In considerazione delle molteplici modalità operative appena esemplificate, appare chiaro che, quando si rende necessario valutare le conseguenze giuridiche di una determinata prestazione resa dal consorzio, occorre ricostruire la sostanza dell’operazione, alla luce della natura del fenomeno consortile e dei rapporti intercorrenti, nel caso concreto, fra la società consortile e le singole consorziate, che con la prima hanno interagito.    

   La mancata considerazione di tutto ciò ha spesso condotto ad un approdo interpretativo erroneo e del tutto superficiale, in cui l’analisi della singola prestazione è stata considerata in modo impropriamente atomistico.

   Una delle più autorevoli e recenti ricostruzioni della fenomenologia consortile fin qui descritta è stata operata da Cassazione SS.UU. nn. 12190 e 12191 del 2016.

   Nel caso esaminato dalla Corte, il Consorzio aveva emesso, nei confronti della committente, una fattura maggiorata rispetto a quella emessa nei suoi confronti dalla consorziata che aveva eseguito materialmente l’appalto.

   Attraverso questo ricarico, il Consorzio aveva inteso trasferire sul prezzo pagato dal terzo committente i propri costi di funzionamento, che, altrimenti, sarebbero andati a gravare sulle imprese consorziate.

   La sentenza, nel ribadire l’importanza di una disamina in concreto delle ragioni che, nel singolo rapporto, hanno determinato la differenza di fatturazione, enumera le evenienze che possono verificarsi in proposito.

   Il minore importo fatturato al Consorzio dalla consorziata che esegue la prestazione può essere giustificato da una ripartizione di costi generali di gestione o da un addebito di costi specifici, legati alla singola commessa. Può essere dovuto al pagamento di provvigioni, da parte della consorziata, per il procacciamento dell’affare o, infine, costituire il corrispettivo delle prestazioni che il Consorzio ha fornito al committente in aggiunta e a completamento di quelle fornite dalla consorziata.

   Ne discende che, per qualsiasi effetto, compresi quelli di ordine fiscale, sarà indispensabile operare una corretta e puntuale ricostruzione della natura delle commesse, al fine di appurare le ragioni poste a base della differenza di fatturazione. 

   La sentenza in commento si è occupata espressamente della problematica di ordine fiscale, relativa al corretto ammontare della fatturazione cui è tenuta la consorziata nei confronti del consorzio.

   La pronuncia però, nella parte in cui prende espressa posizione in ordine alla questione, controversa, della corretta ricostruzione della natura delle società consortili, compone un mosaico in cui le tessere della mutualità si fondono armonicamente con quelle dello svolgimento di autonoma attività lucrativa, dettando un importante principio di diritto.

   Afferma che “La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Costituisce questione di merito l’accertamento in ordine ai rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata … nell’esecuzione delle commesse”.

   E ancora, viene precisato che la società consortile ben può realizzare autonomi ricavi, nascenti dalla rifatturazione, con ricarico, delle prestazioni eseguite in favore del committente da parte di una società consorziata.

   Tali principi possono e devono trovare applicazione anche in controversie diverse da quelle afferenti agli accertamenti fiscali sui ricavi delle consorziate.

   Essi devono costituire lo scenario di riferimento normativo anche per i casi ove venga sottoposto a scrutinio giudiziario il comportamento tributario non già della consorziata ma del terzo committente, addebitando a costui la circostanza di aver ricevuto la fatturazione direttamente dalla società consortile.

   In particolare, attesa la appena richiamata complessità dei rapporti potenzialmente intercorrenti fra società consortile e consorziate, non sarà sufficiente, in tema di riscontro delle fatture inserite in contabilità, dedurre puramente e semplicemente, in danno del committente, una mancata coincidenza fra società consortile che ha emesso la fattura e società consorziata che ha eseguito la parte più qualificante della prestazione fatturata.

   Sarà per contro indispensabile, ove si voglia legittimare la piattaforma sanzionatoria tributaria o penal-tributaria, dimostrare in modo puntuale per quali ragioni nel caso concreto – e con riferimento alla condizione sia oggettiva che soggettiva del terzo committente – non dovrebbe poter operare il meccanismo di rifatturazione descritto dalle Sezioni Unite e fin qui commentato.  

Autore dell’articolo Enrico Leo – maggio 2017 

 

Difesa outlet ?

Esistono alcuni siti internet che si occupano di segnalare, a chi sia alla ricerca di un avvocato, lo studio che, per un determinato tipo di causa, pratica il prezzo più basso.

In altri termini, tali siti, dopo aver raccolto il “tariffario” di quegli avvocati che intendono aderire all’iniziativa, eseguono una comparazione basata, a quanto pare, unicamente sul prezzo.

Gli avvocati che aderiscono allo schema e chiedono di essere segnalati con queste modalità,  potrebbero trovarsi a fronteggiare un procedimento disciplinare.

Ma, prescindendo da ciò, è bene riflettere sull’effetto che questo tipo di offerta pubblicitaria determina sul soggetto che ha necessità di tutelare un proprio diritto e, più in generale, sul consumatore.

La comparazione “secca” sul prezzo ha un senso, in termini di aiuto al compimento di una scelta consapevole e vantaggiosa, solo quando avvenga fra prodotti identici.

Fra due lattine di birra della stessa marca sembra ovvio scegliere quella che costa di meno.

Quando però non si tratta di prodotti finiti e comparabili  ma di prestazioni, le quali, per loro natura, non sono suscettibili di arrivare ad un risultato certo e predeterminato, allora la situazione si complica.

Se, per esempio, devo essere difeso in in processo penale delicato, in cui è importante uno studio accurato delle carte processuali, un’esperienza concreta fatta di anni di lavoro, un approccio autorevole con il giudice, un eloquio puntuale e deciso, allora il costo del professionista non può essere l’elemento prioritario e determinante. Scegliere un professionista a caso, basandosi solo sul prezzo richiesto, potrebbe voler dire ottenere un risultato qualitativamente molto peggiore di quello che ci avrebbe fatto ottenere un avvocato diverso.

A questo si aggiunga che, anche per gli avvocati, il fattore tempo è uno dei parametri di cui si deve tener conto nel calcolo della parcella. Nella soluzione della maggior parte dei casi legali, infatti, il tempo dedicato al fascicolo costituisce un elemento determinante.

Vale a dire che più tempo si dedica alla preparazione della difesa e migliore è il risultato che si ottiene. Per contro,  meno si paga, meno tempo ci può essere dedicato.

Autore dell’articolo Enrico Leo

Avvocati generalisti, avanti tutta?

In tutti i settori dell’economia la specializzazione del lavoro è considerata unanimemente un fattore irrinunciabile di efficentizzazione del sistema. Doveva essere così anche per le professioni ma, per ciò che riguarda l’Avvocatura, la crisi dell’economia e del sistema giustizia, negli ultimi anni, ha prodotto un deciso arresto, con successiva retromarcia.

Le cause sono principalmente tre: enorme numero di avvocati, crisi economica generale, inefficienza della macchina della giustizia.

Il sistema giuridizionale non funziona. Qualsiasi cittadino che ne resti coinvolto, finisce per pensare che avere giustizia sia una specie di terno al lotto. E allora o si evita di imbarcarsi nell’impresa o, se proprio non se ne può fare a meno, si cerca di spendere il meno possibile per l’avvocato.  Tanto uno vale l’altro.

La crisi economica accelera e favorisce questo atteggiamento, visto che, quando i soldi sono pochi, si ricorre all’hard discount.

L’enorme numero di avvocati fa da deflagrante. Coloro che giungono ad indossare la toga hanno pur bisogno di guadagnare e, per farsi spazio nel mondo affollato della professione, non trovano nulla di meglio che assumere qualsiasi incarico gli si prospetti, saltando dal civile al penale, all’amministrativo e passando per tutte le specializzazioni interne a ciascuna di queste macro aree.

In questo modo, moderni servi della gleba si sforzano di apparire competenti in qualsiasi settore del diritto. Lavorano giorno e notte per poter mettere insieme quel minimo di cognizioni necessarie a portare avanti i più disparati incarichi che sono riusciti a raggranellare. Guadagnano poco, soprattutto se quel poco è messo a confronto con l’enorme mole di lavoro e di sacrificio e con la responsabilità professionale che si assumono.

Così facendo, gli avvocati contribuiscono a sminuire la già magra considerazione sociale di cui godono.

Accettando corrispettivi inappropriati, innescano una corsa al ribasso delle tariffe e, con essa, la banalizzazione e lo svilimento del lavoro professionale.

Ogni tanto qualcuno di loro alza la testa, inizia a pensare che il gioco non valga la candela e cerca di costruirsi un’alternativa al di fuori della professione forense.

Eppure la risposta più saggia per coloro che possono permetterselo è quella di continuare a coltivare una competenza specifica e approfondita. Un posizionamento chiaro e preciso nel mercato dei servizi legali alla fine intercetterà l’onda lunga dei clienti migliori e delle scelte strategiche che perseguono un obiettivo posto al di là delle contingenze e delle congiunture.

Autore dell’articolo Enrico Leo